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TESTI – L’Occidente

L’OCCIDENTE

Testi

 

 

L’OCCIDENTE

Come genti del Nord dai barbarici Numi
Che scambiarono per Roma i marmi di Luni,
O gli Altaici dell’Est errabondi e ferini
Fondatori d’imperi per pascolarvi ronzini.
O i predoni del Sud, autoeletti Signori
Inventandosi un dio da servi-pastori,
Abbiamo stomaci esausti, ma appetiti da iene,
Tutti incontro alla sera che viene…

Dove va a cadere il sole, sepolcreto di tramonti:
Quando s’alza il fortunale, si sa, chi avanza
Per primo affonderà.

Deleghiamo ogni cosa, anche l’esser violenti,
Ma la guerra dei ventri ci scopre impotenti.
Sempre sotto tutela di un corretto pensare
Che ci castra quel tanto da tirare a campare
Dentro a questo circuito senza ieri o domani,
Per leccar quattro ossa come s’addice ai cani:
Non ho più alcuna voglia di fare il possibilista,
Guardo solo la notte che è in vista…

Dove va a morire il sole, l’orizzonte inghiotte i giorni,
La stagione del Maestrale, lo sai, dispero che torni.
Dove va a sfinirsi il vento, l’orizzonte incontra l’onda,
Sono oltre al mare aperto e più in là, ma non vi è sponda…

Tra Vladivostok, la propaggine estrema
E le Orcadi che sono d’Occaso il diadema,
Suggestivo, lo so, ma a che pro ci si crede,
Se il tenerci alla pelle resta l’unica fede?
Ci ostiniamo a pensarci quali punti d’arrivo,
Ma il più morto di “loro” è pur sempre più vivo
Di chi ormai ha di sacro giusto un osso sul culo
E d’un tratto la notte è già un muro!

Muro che non sente pianti, muro che recinge il niente:
Solo un punto cardinale e nulla più quest’Occidente.
E se il sole vi si spegne, e se ora è giunto il tempo,
Quella fiaccola di Atene che tu sai, difendila dal vento
Che verrà…


 

SANTA LUCE DEI MACELLI

Più lenta e greve d’un volo d’avvoltoio
La folla orante avanza come bovi al mattatoio.
Che entri il coro, che Luce sia
Di ceri innumerevoli a punteggiar la via.
E per toccare i lembi di sacra vestizione
Come se fosse un balsamo che dà consolazione
Ginocchi strisciano e lasciano una scia
Schiumante e bruna come un’agonia…

Come crivellato Golgota bianco seno tra le spine
E in capo a Lei
Le fanno da corona gli astri dell’Orsa Maggiore.
Col suo volto avorio e porpora guarda a noi sulle rovine,
Ed è per noi
Che l’abissale colubro tiene sotto il tallone!

Ma del Vattiente la gamba insanguinata
Insinua una lezione che resta inascoltata:
Che la mitezza non sempre è una virtù
Chi doma il suo soffrire, non vuole schiavitù!
Se il Cardo Santo è Atto Di Dolore
Come le Sette Spade che vanno a berle in cuore,
Vedo il virile, sereno sprezzo del-
L’arcaico oplita che fa dono di sé.

E dalle sdentate fauci di megere nero-notte
Riecheggerà
Sonora l’onda panica di ioniche rotte,
Delle primavere attiche quelle sacre frenesie
Crescono in me,
E certe guerre estatiche diventano mie.
Sento ancora tra le dita calde viscere fumanti
E scorgo in Lei,
Le traiettorie mistiche di uccelli migranti.
Perciò stringo quel revolver e a ragione che mi chiedi
Risponderò
Di nuovo è tempo che gli Dei si onorino in piedi!


 

IN BATTAGLIA (THE BATTLE)

Ore 6 spaccate in punto – quota, no, no mi sovviene
I rincalzi già attestati, con la brina nelle vene.
Dentro a un treno pieno di pioggia sono giunti fin quassù,
Alle bocche della macina che dissolve gioventù.

Alto sulle nostre corna, alla guisa di zanzara,
Un velivolo ci prende le misure per la bara:
Ci ha vagliato quanto serve, poiché vira e cambia aria,
Ma non senza prima avere fatto la sua luminaria.

Ore 7, sempre in punto – quota: siamo ancora qua.
Dai crinali sovrastanti c’è qualcuno che dà il “La”
A un concerto alla viennese per medi calibri e tracciante
E già un fante si congeda, si, però… dalla sue gambe.

Viene da votarsi al cielo, anche al peggio miscredente:
Visto mai che esista un Santo che ti renda trasparente?
Ma è dal cielo che spiove il maglio che dissoda le trincee
E ristana pure i morti, giusto per schiarir le idee.

Dalla landa va affiorando la putredine mortale,
Aver tempo a farci caso è un memento mica male!
Ma ora sciama il loro assalto, con tempismo assai ben scelto.
Boia d’un filo spinato che in più punti… è già divelto!

Detto fatto: il crucco sfonda nel settore dei coscritti,
Sempre come da manuale, i pivelli sono fritti.
E pur dando ferro al ferro, l’imperizia li ha perduti,
Con l’Amico Fritz che, in slancio, se li beve in due minuti.

Scriveranno di un ripiego, ma è un fugone da conigli,
Con il Landsturmer alle calcagna, che il demonio se lo pigli!
Ma ad un tratto dalla nebbia spunta un’avanguardia Ardita
Che riaccorpa tutti i ranghi e riapre la partita.

Il nemico è troppo avanti: va perdendo copertura,
Tuttavia vuole sfruttare il vantaggio, finché dura.
Ma lo frega la baldanza di chi sente già nel sacco
Proprio quello stesso lupo che gli inventa un contrattacco!

Una nube di granate va a portar loro i rispetti
Dell’Ardito che, di certo, mai non lesina i “confetti”,
Il pugnale incalza ai fianchi, gli scompagina le righe:
Ora siamo noi la falce mentre loro… son le spighe.

Il vecchio cappellano cieco va tra la carneficina,
Tra le buche e tra i miasmi di cordite ed emoglobina.
Grigio-azzurro o grigio-verde: non indulge in distinzione
E impartisce agli uni e agli altri la mesta sua benedizione.

Alla fine siam passati con moneta ripagata,
Abbiam preso la montagna che ha inghiottito mezza armata!
Da stamane in ventimila han lasciato le ossa qua
Per tornare al punto esatto di quarantott’ore fa.…